Domande sul carbone attivo
Domande sul processo a carbone attivo
Non è facile rispondere a questa domanda. Oltre alla pura capacità di adsorbimento, vi sono anche altri fattori importanti, quali la densità, la sedimentabilità, la distribuzione granulometrica, la durezza (abrasione), il prezzo. I produttori e i fornitori di carbone attivo hanno di solito un grande know-how sulle capacità di adsorbimento dei loro carboni. Si dovrebbe cercare di ottenere una produzione rispettosa dell’ambiente, se possibile a partire da materie prime rinnovabili.
Il CAP in sé non è una sostanza pericolosa. Tuttavia, l’inalazione di polvere di CAP può causare problemi respiratori. Il CAP può anche provocare lievi irritazioni se viene a contatto con la pelle o con gli occhi. Per inciso, il CAP può causare esplosioni di polvere se viene agitato nell’aria in presenza di una fonte di innesco. Gli aspetti della sicurezza in merito alla gestione del carbone attivo in polvere sono stati pubblicati in una Scheda informativa .
Le quantità di carbone attivo dosate sono relativamente basse; gli esperimenti effettuati finora hanno dimostrato che è possibile ottenere un’eliminazione sufficiente con 10-20 mg di carbone attivo per litro di acqua di scarico (>80%). In uscita dall’IDA si misurano solitamente 3-15 mg di sostanze filtrabili per litro. È chiaro che dopo uno stadio di CAP è necessario un filtro per separare la frazione fine del carbone. In un progetto della piattaforma è stata misurata la perdita di CAP con diversi processi e i risultati sono stati pubblicati in un rapporto.
Finora la rigenerazione del carbone attivo in polvere è antieconomica. Attualmente si ha in previsione di trattare il carbone attivo con i fanghi attivi nel trattamento dei fanghi esistente. Non esistono ancora informazioni dettagliate a tale proposito.
Nel «processo di Ulm», CAP, precipitanti e flocculanti possono essere dosati nel reattore di contatto in questo ordine. Nell’IDA di Bachwis a Herisau è stato studiato un sistema di dosaggio a tre punti per il precipitante (biologia, in entrata al reattore a contatto e direttamente a monte del filtro), che si è dimostrato più efficiente. Il flocculante viene mescolato all’estremità del reattore di contatto.
Nel processo di dosaggio del CAP a monte del filtro, il precipitante viene dosato nel reattore di contatto con il CAP. In questo caso, non viene dosato il flocculante.
In caso di dosaggio di CAP nel comparto biologico, l’aggiunta di precipitanti o flocculanti andrà valutata caso per caso.
Nell’IDA di Bülach-Furt (filtrazione CAG) sono in corso esperimenti con CAG fresco (v. Rapporto intermedio). A Penthaz (GAK in letto fluido) è stata completata la prima fase del test pilota con CAG fresco. La seconda fase è stata effettuata con CAG riattivo (v. Rapporto intermedio). Tre diverse CAG sono state testate presso l’IDA di Glarnerland, tra cui un agente riattivante (v. rapporto finale). Dopo ogni riattivazione occorre solo il 10 al 20% circa di CAG fresco per ripristinare la capacità di adsorbimento. In questo modo si possono abbattere in maniera significativa le emissioni di CO2 rispetto al carbone attivo in polvere. Attualmente non vi è alcuna possibilità di riattivare il CAG in Svizzera. Tuttavia, il carbone attivo può essere riattivato nei forni del nord Italia.
Domande sulla perdita di carbone attivo
Non esiste un valore limite per le perdite di carbone attivo. Occorre tuttavia garantire che il carbone attivo utilizzato venga in gran parte trattenuto per proteggere l’emissario (art. 63 LPAc, protezione adeguata delle acque). Nell’ambito di un’ampia campagna di misurazione è stata esaminata la perdita di CA in vari effluenti di impianti di depurazione con uno stadio di carbone attivo. I risultati hanno mostrato che, per la maggior parte delle tecnologie, le concentrazioni di carbone attivo nell’effluente rientrano nel limite di rilevazione (0,1 mg/L) e che una ritenzione di carbone attivo superiore al 95% è fattibile sotto l’aspetto tecnico. Sono disponibili il Rapporto e una Scheda informativa.
Nel progetto “Perdita di carbone attivo dagli stadi di depurazione per l’eliminazione di microinquinanti”, sono stati confrontati due metodi: l’analisi termogravimetrica (TGA) e il metodo TOC a gradiente. Entrambi determinano la percentuale di carbone attivo rispetto al totale dei solidi. Il limite di rilevamento è di 0,1 mg CAP/L. È stato dimostrato che i metodi sono comparabili e idonei per questa applicazione. Pertanto, si raccomanda di determinare periodicamente il contenuto di carbone attivo in uscita utilizzando uno dei due metodi. Sono disponibili il Rapporto e una Scheda informativa . I dati attuali non mostrano una chiara correlazione tra la concentrazione di carbone attivo in uscita dall’IDA e i comuni parametri cumulativi come TSS o torbidità. Con i valori bassi, tuttavia, si può generalmente presumere che anche la perdita di carbone attivo sia limitata.
Dopo il dosaggio del CAP, occorre separarlo quanto più possibile dalle acque di scarico depurate. A tal fine sono stati testati diversi metodi: flocculazione-filtrazione, filtrazione a membrana o sedimentazione seguita da filtrazione a sabbia o in tela. Con uno stadio finale di filtrazione si può garantire che la quantità di TSS nell’effluente sia sicuramente inferiore a 5 mg/l. Tuttavia, spesso non è chiaro quale sia la composizione quantitativa di questi TSS o quanto sia grande la percentuale di CAP (altri costituenti sono essenzialmente fanghi attivi e flocculanti).
Nuovi metodi analitici (ad esempio la termogravimetria) possono essere utilizzati per determinare la percentuale di CAP nei TSS. Le analisi finora effettuate mostrano che i processi di separazione sopra citati possono trattenere oltre il 99% del CAP dosato. (cfr. Rapporto, Articolo A&G).
Questo Aiuto all’interpretazione fornisce una valutazione aggiornata della dose di carbone attivo e può essere utile per rilevare il numero di determinazioni di carbone attivo.
Il rischio di ridissoluzione delle sostanze in tracce provenienti dal CAP nei corpi idrici è attualmente stimato molto basso (cfr. anche gli studi del Centro di competenza per le sostanze in tracce Baden-Württemberg, Meckes et al., 2014). Dai numerosi impianti CAP in esercizio da molti anni in Germania non sono note conseguenze negative della perdita di CAP nei corpi idrici. Tuttavia, la legge prescrive (art. 63 LPAc una «protezione adeguata delle acque») di ridurre al minimo l’immissione di CAP nelle acque.
No, l’efficiente ritenzione di CAP può essere garantita anche con processi diversi dalle membrane. È importante garantire che il CAP venga trattenuto nella maggiore quantità possibile.
Non ci sono studi su questo. Non c’è da aspettarsi una ridissoluzione su larga scala dei microinquinanti nei corpi idrici. Gli esperimenti di laboratorio, in cui si è tentato di dissolvere di nuovo i microinquinanti dal CAP hanno dimostrato che ciò era difficilmente possibile.
No, la misurazione delle sostanze in tracce – sia in entrata che in uscita – viene effettuata nella fase disciolta.
Domande sulla qualità del carbone attivo
Ci sono vari parametri che possono essere utilizzati per valutare la qualità del carbone attivo. I requisiti specifici devono essere definiti in anticipo e regolamentati mediante contratto con il fornitore.
Un parametro centrale è la capacità depurativa effettivamente raggiunta rispetto al carbone campione, sulla base del quale è stato scelto il prodotto di carbone. La capacità depurativa viene solitamente determinata mediante test di scuotimento in laboratorio (qui trovate le istruzioni per l’esecuzione). Questi test richiedono alcuni giorni e possono quindi essere eseguiti solo dopo che il carbone attivo è stato caricato nel silo.
Si consiglia inoltre di determinare il contenuto di acqua (secondo la norma DIN EN 12902 a 150 °C), che dovrebbe essere generalmente inferiore al 10%. Il contenuto di ceneri e il residuo di ceneri possono essere utilizzati anche per ricavare informazioni sulla percentuale di carbone fresco e riattivato, per cui il contenuto di ceneri di un carbone fresco è del 5-10 % circa e quello di un riattivato è inferiore al 15 % (Rössler et al., 2019).
In linea di principio, le informazioni sulla sostenibilità e sugli aspetti etico-sociali sono limitate e difficili da verificare. Un modo per tener conto degli aspetti sociali in una gara d’appalto è quello di formulare come condizione di partecipazione il rispetto delle convenzioni fondamentali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL).
Scegliendo un prodotto a base di carbone attivo ottenuto da materia prima rinnovabile (p.es. il legno) o con un’elevata percentuale di riattivazioni (cioè carbone attivo già utilizzato in altre applicazioni e rigenerato) si può ridurre notevolmente l’impatto ambientale (in particolare le emissioni di gas serra e il consumo di energia primaria). Per valutare l’impatto ambientale nelle gare d’appalto è possibile valutare le informazioni sulla materia prima e sulla percentuale di riattivati nel corrispondente prodotto di carbone attivo, a condizione che siano riferite a una base comparabile. Allo stato attuale delle conoscenze, i prodotti sostenibili non sono peggiori dei prodotti meno sostenibili in termini di capacità depurativa, ma tendono a essere più costosi.
Finora non esiste un’etichetta o simili per i prodotti a carbone attivo da utilizzare negli impianti di depurazione. Tuttavia, un’etichetta di questo tipo sarebbe gradita a molti soggetti interessati, compresi i produttori. In altri settori esistono già etichette o certificati del carbone attivo, ad esempio per il carbone per barbecue o per il carbone vegetale, che viene utilizzato ad esempio come ammendante del terreno.